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immagine l'AI del ponte sommerso dal lago di Guardialfiera |
Il Ponte degli Dei: La Leggenda del Tifernum
Nel cuore del Sannio, dove le valli si intrecciano come i destini degli uomini e delle terre, c’era un ponte antico, che univa le due sponde del fiume Tifernum. Questo ponte, costruito dai romani in un tempo lontano, non era solo una meraviglia di ingegneria, ma celava nei suoi archi il peso di un destino segnato.
La leggenda narrava che, dopo la clamorosa sconfitta dei romani nelle Forche Caudine, l’orgoglio dell’Urbe fosse stato scosso fino alle fondamenta. I romani, nonostante il terribile affronto, non cessarono mai di pensare a come sottomettere definitivamente i Sanniti, un popolo forte e indomito. Così, quando la guerra infuriò di nuovo, e i cartaginesi di Annibale scesero in Italia per vendicare la loro madrepatria, i Sanniti decisero di schierarsi con il grande comandante.
Fu allora che Magone il Sannita, un generale valoroso, intraprese un viaggio epico con l’esercito cartaginese, attraversando il Tifernum per raggiungere la Puglia, dove, secondo le previsioni, le legioni romane avrebbero trovato difficoltà a respingere l’assalto. Ma Magone, oltre alla spada, portava con sé un segreto. Durante la sua marcia, fece erigere un epigrafe sul ponte del Tifernum, una scritta misteriosa che solo i più saggi tra i suoi uomini potevano leggere:
"Chiunque costruirà un ponte in queste terre, dovrà affrontare il destino degli Dei, e vagare nei sotterranei del loro volere."
Le parole, cariche di minaccia, furono incise sulla pietra per segnare la zona e per avvertire chiunque osasse sfidare la volontà delle divinità. Non si trattava di una semplice minaccia, ma di una condanna: chi avesse costruito su quelle terre, avrebbe sofferto le conseguenze di un destino atroce, forse ancor più doloroso delle guerre che avevano segnato quelle genti.
Quando l'Impero Romano cadde e le sue terre furono invase, l'epigrafe di Magone andò perduta tra le rovine. Solo pochi, tra cui alcuni anziani e uomini di fede, ricordarono quelle parole e la tragedia che si celava dietro di esse. La leggenda sopravvisse nei racconti che si tramandavano di generazione in generazione, ma i più la consideravano solo una favola antica, fino a quando, dopo secoli, un grande scrittore nacque nelle terre del Sannio.
Era un uomo di grande ingegno e passione per la sua terra, e le sue parole dipingevano con straordinaria bellezza le colline verdi, i fiumi scintillanti e le valli solitarie del Sannio. L’opera che scrisse divenne celebre in tutta Italia, e con essa, l’uomo guadagnò fama e rispetto. Ma, come spesso accade ai grandi scrittori, la sua vita fu breve, e poco dopo la sua morte, le sue parole sembrarono tradire lui stesso. L’opera che aveva tanto amato divenne simbolo di un futuro incerto e di un destino che non era mai stato davvero suo.
Fu in quel momento che, nei decenni successivi, i più ambiziosi iniziarono a parlare di un nuovo ponte da costruire sul fiume Tifernum. Una struttura grandiosa, lunga e imponente, che avrebbe attraversato il corso del fiume e sfidato la natura e Dio stesso. Il progetto, ispirato dalle parole di quell'uomo scomparso, divenne il simbolo di una nuova era, di un’epoca che avrebbe visto la terra dei Sanniti ridisegnata da uomini che non temevano il destino.
Eppure, la leggenda non dimenticò. Alcuni saggi, nascosti tra le pieghe della memoria, ricordarono ancora le parole di Magone: "Chiunque costruirà un ponte in queste terre, dovrà affrontare il destino degli Dei."
E fu così che, quando il ponte venne finalmente eretto, le forze della natura sembrarono risvegliarsi. La terra tremò e i cieli si oscurarono, come se gli Dei stessi volessero vendicare il tradimento. Alcuni dissero che il ponte avrebbe subito una fine tragica, che sarebbe stato distrutto da un terremoto, un segno del cielo per punire l'arroganza degli uomini che avevano sfidato le leggi divine.
Altri, invece, raccontano che a distruggere il ponte non sarebbe stato il fato naturale, ma un uomo, un guerriero di stirpe romana, nato proprio nella zona che un tempo aveva visto la grandezza e la caduta dell’impero. Questo guerriero, cresciuto nella tradizione delle legioni, e con la memoria della sua terra nel cuore, sentì il richiamo della storia. Guidato da una forza che sembrava più antica di lui stesso, egli distrusse il ponte, rompendo il ciclo di tradimento e distruzione che da secoli aveva segnato quelle terre.
Oggi, il ponte non esiste più. Ma nei giorni di secca, quando il fiume Tifernum si ritira, a volte è possibile scorgere tra le rocce sommersa la sagoma di una vecchia pietra con un’incisione quasi invisibile, un’epigrafe che nessuno ricorda più, ma che forse potrebbe ancora parlare al cuore di chi sa ascoltare.