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venerdì 6 giugno 2025

Un racconto... su Guardialfiera [CB] sul ponte di Annibale

 

immagine l'AI del ponte sommerso dal lago di Guardialfiera

 

Il Ponte degli Dei: La Leggenda del Tifernum

Nel cuore del Sannio, dove le valli si intrecciano come i destini degli uomini e delle terre, c’era un ponte antico, che univa le due sponde del fiume Tifernum. Questo ponte, costruito dai romani in un tempo lontano, non era solo una meraviglia di ingegneria, ma celava nei suoi archi il peso di un destino segnato.

La leggenda narrava che, dopo la clamorosa sconfitta dei romani nelle Forche Caudine, l’orgoglio dell’Urbe fosse stato scosso fino alle fondamenta. I romani, nonostante il terribile affronto, non cessarono mai di pensare a come sottomettere definitivamente i Sanniti, un popolo forte e indomito. Così, quando la guerra infuriò di nuovo, e i cartaginesi di Annibale scesero in Italia per vendicare la loro madrepatria, i Sanniti decisero di schierarsi con il grande comandante.

Fu allora che Magone il Sannita, un generale valoroso, intraprese un viaggio epico con l’esercito cartaginese, attraversando il Tifernum per raggiungere la Puglia, dove, secondo le previsioni, le legioni romane avrebbero trovato difficoltà a respingere l’assalto. Ma Magone, oltre alla spada, portava con sé un segreto. Durante la sua marcia, fece erigere un epigrafe sul ponte del Tifernum, una scritta misteriosa che solo i più saggi tra i suoi uomini potevano leggere:

"Chiunque costruirà un ponte in queste terre, dovrà affrontare il destino degli Dei, e vagare nei sotterranei del loro volere."

Le parole, cariche di minaccia, furono incise sulla pietra per segnare la zona e per avvertire chiunque osasse sfidare la volontà delle divinità. Non si trattava di una semplice minaccia, ma di una condanna: chi avesse costruito su quelle terre, avrebbe sofferto le conseguenze di un destino atroce, forse ancor più doloroso delle guerre che avevano segnato quelle genti.

Quando l'Impero Romano cadde e le sue terre furono invase, l'epigrafe di Magone andò perduta tra le rovine. Solo pochi, tra cui alcuni anziani e uomini di fede, ricordarono quelle parole e la tragedia che si celava dietro di esse. La leggenda sopravvisse nei racconti che si tramandavano di generazione in generazione, ma i più la consideravano solo una favola antica, fino a quando, dopo secoli, un grande scrittore nacque nelle terre del Sannio.

Era un uomo di grande ingegno e passione per la sua terra, e le sue parole dipingevano con straordinaria bellezza le colline verdi, i fiumi scintillanti e le valli solitarie del Sannio. L’opera che scrisse divenne celebre in tutta Italia, e con essa, l’uomo guadagnò fama e rispetto. Ma, come spesso accade ai grandi scrittori, la sua vita fu breve, e poco dopo la sua morte, le sue parole sembrarono tradire lui stesso. L’opera che aveva tanto amato divenne simbolo di un futuro incerto e di un destino che non era mai stato davvero suo.

Fu in quel momento che, nei decenni successivi, i più ambiziosi iniziarono a parlare di un nuovo ponte da costruire sul fiume Tifernum. Una struttura grandiosa, lunga e imponente, che avrebbe attraversato il corso del fiume e sfidato la natura e Dio stesso. Il progetto, ispirato dalle parole di quell'uomo scomparso, divenne il simbolo di una nuova era, di un’epoca che avrebbe visto la terra dei Sanniti ridisegnata da uomini che non temevano il destino.

Eppure, la leggenda non dimenticò. Alcuni saggi, nascosti tra le pieghe della memoria, ricordarono ancora le parole di Magone: "Chiunque costruirà un ponte in queste terre, dovrà affrontare il destino degli Dei."

E fu così che, quando il ponte venne finalmente eretto, le forze della natura sembrarono risvegliarsi. La terra tremò e i cieli si oscurarono, come se gli Dei stessi volessero vendicare il tradimento. Alcuni dissero che il ponte avrebbe subito una fine tragica, che sarebbe stato distrutto da un terremoto, un segno del cielo per punire l'arroganza degli uomini che avevano sfidato le leggi divine.

Altri, invece, raccontano che a distruggere il ponte non sarebbe stato il fato naturale, ma un uomo, un guerriero di stirpe romana, nato proprio nella zona che un tempo aveva visto la grandezza e la caduta dell’impero. Questo guerriero, cresciuto nella tradizione delle legioni, e con la memoria della sua terra nel cuore, sentì il richiamo della storia. Guidato da una forza che sembrava più antica di lui stesso, egli distrusse il ponte, rompendo il ciclo di tradimento e distruzione che da secoli aveva segnato quelle terre.

Oggi, il ponte non esiste più. Ma nei giorni di secca, quando il fiume Tifernum si ritira, a volte è possibile scorgere tra le rocce sommersa la sagoma di una vecchia pietra con un’incisione quasi invisibile, un’epigrafe che nessuno ricorda più, ma che forse potrebbe ancora parlare al cuore di chi sa ascoltare.

lunedì 12 maggio 2025

un racconto.. su Provvidenti (CB) sulla leggenda di Annibale...

racconto creato sulla leggenda seccondo la quale Annibale Barca nel III secolo a.C. distrussse il granaio su cui sorgeva il paese di Provvidenti nella battaglia contro Scipione l'africano



La Leggenda di Annibale a Provvidentiae

Nel cuore dell’Italia antica, dove le colline si alzavano come guardiani silenziosi e i fiumi serpeggiavano come serpenti tra le terre, c’era un piccolo villaggio nascosto nel verde dell’entroterra, chiamato Provvidentiae. La sua fama era legata alla sua terra fertile, dove il grano cresceva rigoglioso, raccolto con mano esperta dai contadini, e il vento sussurrava alle messi come una benedizione. Si diceva che il nome del paese derivasse dalla "provvidenza" degli Dei che, ogni anno, donavano abbondanza e prosperità a chi lavorava la terra.

Ma quella terra, che da sempre era un rifugio di pace e lavoro, si sarebbe trovata al centro di una delle più grandi tragedie della storia, che il popolo ancora ricorda nelle leggende.



La Strada di Annibale

Era l’anno 216 a.C. e l'eco delle guerre puniche rimbalzava tra le mura di tutte le città italiche. Annibale Barca, il grande condottiero cartaginese, aveva appena inflitto ai romani la terribile sconfitta di Cannae. Dopo quella battaglia, l’Italia sembrava ormai spaccata in due, con il sud che si rivoltava sotto il giogo di Cartagine. Annibale, consapevole della sua forza ma anche delle insidie che il territorio romano nascondeva, sapeva che avrebbe dovuto consolidare il suo potere. Così, a metà della campagna, egli decise di fermarsi a Provvidentiae, un angolo di terra che, sebbene piccolo, offriva uno strategico punto di osservazione.

Le voci narrano che fu proprio qui, tra le colline verdi e le distese di grano, che Annibale scelse di costruire un castrum, un accampamento militare che si ergeva fiero sul Colle Crocione, a breve distanza dal monte Canne. Da quel colle, il comandante cartaginese avrebbe potuto osservare i movimenti dei romani senza che questi potessero sospettare la sua presenza. Il paesaggio, protetto dalle colline circostanti, sembrava ideale per un piano che doveva restare segreto.



Il Castrum sul Colle Crocione

Nonostante la bellezza del luogo, l’arrivo delle forze cartaginesi portò con sé una tempesta di distruzione. Annibale, deciso a mettere al sicuro il suo esercito e a non lasciare nulla al caso, ordinò la costruzione di un secondo accampamento fortificato, robusto e imponente. Il castrum sorse in pochi giorni, una cittadella di legno e pietra, circondata da mura alte e protette da trincee. Le legioni cartaginesi si accamparono, i cavalli nitrissero al galoppo, e il rumore degli attrezzi da guerra riempì l’aria.

Ma la costruzione del nuovo accampamento ebbe un altro scopo, più oscuro. Annibale, che conosceva ogni angolo del territorio, non voleva che il suo esercito fosse mai minacciato da un possibile contrattacco romano. Così, ordinò di distruggere il vecchio abitato di Gerione, l’antica città italica che un tempo aveva dato vita a Provvidentiae. La città, che era stata la culla della civiltà locale, scomparve sotto le mani distruttrici dei cartaginesi. Le case furono abbattute, i templi sacri vennero rasi al suolo, e le strade, un tempo piene di vita, furono ridotte a cumuli di macerie.

Le leggende raccontano che la distruzione di Gerione non fu solo una mossa strategica, ma anche una risposta alla resistenza che il popolo locale aveva mostrato nei confronti della presenza cartaginese. Annibale, furioso per la resistenza degli italici, decise che il villaggio avrebbe pagato un prezzo alto. Così, mentre il castrum sorgeva sul Colle Crocione, la città originaria di Gerione svaniva nel nulla, inghiottita dalla storia.

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