mercoledì 11 giugno 2025

📷 Foto di Palata [CB] (Giugno 2025)

vista del paese 

Palata è un comune italiano con 1.459 abitanti, situato nella provincia di Campobasso, in Molise. Nel passato, la cittadina ha ospitato una comunità di croati, che si è stabilita qui nel XVI secolo. La loro cultura è stata progressivamente assimilata dalla popolazione locale.

Il torrente Sinarca, che nasce dal Monte (541 m s.l.m.) vicino a Palata, sfocia nel mare Adriatico, nei pressi della storica torretta omonima nel comune di Termoli.

Il centro abitato di Palata fu fondato nel XII secolo, quando era una contrada di Acquaviva Collecroce, chiamata "Paludella". In quel periodo, faceva parte del Contado di Molise, con Bojano come centro amministrativo, e fu sotto il dominio di vari signori, tra cui gli Orsini e i Toraldo.

Fino al XVII secolo, Palata ospitò anche una frazione di origini normanne chiamata Santa Giusta, che però venne abbandonata a causa delle incursioni ottomane. Dopo essere stata danneggiata da numerosi terremoti, tra cui quello devastante del Sannio nel 1456 (conosciuto come "Gradina") e quello del 1663, il comune fu colonizzato da popolazioni slave in fuga dall'Impero ottomano. Questo fenomeno si verificò in diversi comuni lungo la costa molisana, nei dintorni di Termoli.

Nel 1531, le popolazioni slave ricostruirono il borgo quasi completamente distrutto, e il simbolo di questa rinascita è oggi rappresentato dalla chiesa di Santa Maria La Nova. Dal 1806, Palata è parte del Distretto di Campobasso, che nel 1949 divenne provincia.

monumento ai caduti


piccolo giardino pubblico dove c'è il monumento ai caduti


una delle vie principali del centro: Via Kennedy


largo San Rocco con fontana e Chiesa di San Rocco


facciata frontale della Chiesa di San Rocco

vista del largo e della Chiesa di San Rocco

una casa decorata con alcuni disegni sulla facciata

un vicolo del centro del paese

piazzale in via San Rocco

piazzale con un caratteristico tabacchi

Chiesa di Santa Maria la Nova

La Chiesa di Santa Maria La Nova risale al 1531, come attestato da un'iscrizione incisa su una pietra collocata sull'arco maggiore del portale. Nel corso del primo Novecento l’edificio è stato oggetto di un importante intervento di restauro, che ha donato alla facciata uno stile moresco. Il rifacimento fu voluto da don Emilio Vetta nel 1928, mentre l’interno assunse la pianta tipica di una basilica a croce latina.

La chiesa si sviluppa su tre navate, scandite da otto arcate, di cui le prime due risultano oggi murate. L’ingresso principale è caratterizzato da un imponente portale decorato con una piccola edicola a spioventi. A dominare il complesso è il campanile, una torre sormontata da una cuspide ottagonale.

All’interno si conservano diversi altari dedicati a varie figure sacre: l’Addolorata, San Giuseppe, San Nicola, il Sacro Cuore e Sant’Antonio di Padova. Tra tutti spicca l’altare maggiore, pregevole opera settecentesca in stucco che imita il marmo, realizzata dal maestro Gregorio da Palata nel 1725.

Il coro, infine, è composto da undici stalli; quello centrale è scolpito nella pietra e reca lo stemma vescovile con tre pere "moscarelle", simbolo voluto da Monsignor Giannandrea Moscarelli.

 

panchina gigante e vista del paesaggio

A Palata  è stata installata una panchina di grandi dimensioni, costruita in legno da un artigiano locale, da cui si può ammirare il panorama e rilassarsi.

Prima della sua costruzione a darne notizia è stato il Comune stesso che sulla sua pagina facebook ha spiegato il senso dell’iniziativa: “Le Panchine Giganti sono spesso conosciute per immagini, ma una volta che ci si siede su una di esse e si prova la sensazione di godersi la vista come se ‘si fosse di nuovo bambini’, si vive un’esperienza intensa, da condividere con gli altri. Le panchine sono fatte per rilassarsi, a differenza di una sedia o di una poltrona sono larghe abbastanza da accogliere uno o più amici.

L’idea delle panchine fuori scala non è nuova, ma in questo caso cambia il contesto. È stata realizzata da un artigiano del nostro comune, e posizionata in una zona del paese con ottima visuale e dove chi si siede può osservare dal mare alla montagna e godere con meraviglia del panorama, esattamente come un bambino che vede qualcosa di bello per la prima volta”. 

panchina con riquadro per la vista del paesaggio

un disegno sul muro di una casa

rotonda che collega il paese con la SS 157

una particolare fermata del bus

il municipio del paese

 

Poesia su Civita Campomarano

 


 

 

 

 

 

 

 

Nel miracolo di una terra fragile

[versi su Civitacampomarano]
 

Gli antenati scrutavano i calanchi,
vene aperte di terra che frana,
eppure lì, su quella soglia instabile,
piantarono case, storie, nomi.

Il paese resiste, come chi prega
senza rumore, con la forza del silenzio.
Ogni pietra sa del tempo e del vuoto,
ogni muro respira lo spopolamento.

Frane, terremoti, isolamento —
parole incise nei secoli come cicatrici.
Ma è lì che nasce il miracolo molisano:
dove sembra impossibile, sboccia la parola.

Da quel suolo incerto sono venuti scrittori,
pensieri profondi come i fossi della campagna.
E ora, l’arte torna a tessere i muri,
i colori riempiono i vuoti del tempo.

Tra i vicoli disegnati da mani nuove,
cammina chi cerca un senso nel silenzio.
E il castello, enorme, veglia da lontano,
sospeso tra la rovina e la leggenda.

Qui l’aria ha un sapore che altrove non c’è:
di resistenza quieta, di bellezza nascosta.
Nel cuore del Molise che nessuno vede,
vive un paese che non ha mai smesso di essere.

 

versi scritti l'11 giugno 2025
by MoliseHorizon

G.R.

© 2025 MoliseHorizon Tutti i diritti riservati

 

lunedì 9 giugno 2025

📷 Foto di Civita Campomarano [CB] (Giugno 2025)

Sebbene Civitacampomarano sia un paese piccolo e in via di spopolamento negli ultimi decenni, oltre che semi-isolato e situato in una zona piena di colline argillose e franose, è noto a quasi tutti gli abitanti molisani, soprattutto perché è il luogo di nascita del soldato e patriota Gabriele Pepe e del politico, patriota e scrittore Vincenzo Cuoco.


Civitacampomarano è un comune italiano di 1.500 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise, situato a circa 25 chilometri a nord di Campobasso. Civitacampomarano è una piccola città medievale situata in Molise, nell'Italia meridionale. Sorge a un'altitudine di 520 metri sul livello del mare. Ha una popolazione di circa 370 abitanti. La sua storia risale a tempi antichissimi, con testimonianze di insediamenti sanniti nella zona. Nel corso dei secoli, la città passò sotto il dominio di diverse civiltà, tra cui Romani, Longobardi e Normanni. Durante il Medioevo, Civitacampomarano divenne un'importante città fortificata, strategicamente posizionata su un colle per difendersi da potenziali invasioni. L'architettura storica e le strade acciottolate della città riflettono ancora oggi il suo patrimonio medievale.

vita del paese e della campagna di Civita Campomarano

In un territorio di 520 ettari nel comune di Civitacampomarano è possibile osservare i calanchi, delle formazioni erosive modellate dall'azione delle acque piovane sui terreni argillosi del luogo e scarsamente ricoperti dalla vegetazione.

Il sito è stato classificato tra le aree protette e dichiarato Sito di Interesse Comunitario e presenta vari punti di osservazione dislocati in tutta l'area. 

 

vista del paese di Civita Campomarano

ingresso del paese con il benvenuto e la segnaletica 

segnaletica prima del borgo di Civita Campomarano

un info point posto sulla strada di Civita Campomarano

una particolare cabina di Civita Campomarano

Nel dicembre 2023, la TIM ha comunicato al Comune di Civitacampomarano che, come parte del piano nazionale di dismissione delle cabine telefoniche, anche quella situata nel nostro paese sarebbe stata rimossa. Ma il sindaco Paolo Manuele ha scritto in un post su Facebook che la cabina rimarrà dov'è perchè ormai è simbolo indiscusso dell’evento più rilevante per la comunità, il CVTà Street Fest.


“Grazie a una discussione diretta con il responsabile dell’azienda telefonica, l'Amministrazione comunale ha presentato una richiesta formale per mantenere la cabina, non tanto per il suo uso pratico, quanto per il suo valore artistico e turistico che ha acquisito dal 2016”, ha dichiarato il sindaco. Infatti, nella prima edizione del festival, la cabina telefonica è stata trasformata dall’artista Biancoshock in un'opera d’arte. "Oggi è conosciuta come la cabina di WhatsApp ed è una delle creazioni più emblematiche del festival"

un vicolo del paese con dei lego decorativi

Una particolarissima casa in cui lo spigolo di un angolo ha l'intonaco deteriorato ed è stato riempito con dei mattoncini Lego. Questa è una delle tante opere d'arte del progetto nonchè manifestazione CVTà Street Fest

facciata frontale del castello di Civita Campomarano

facciata retro del castello di Civita Campomarano

Il Castello rappresenta il monumento più emblematico di questa cittadina. Si trova nel cuore del paese, su un crinale di arenaria, tra i torrenti Mordale, che attraversa la Cavatella, e il Vallone Grande, uno degli affluenti del fiume Biferno. Secondo gli esperti, la sua costruzione risalirebbe al XIII secolo e rifletterebbe le caratteristiche tipiche dell'architettura medievale sotto la dominazione angioina.

La pianta del castello è di forma quadrangolare e presenta tre torri cilindriche ai vertici, due delle quali sono perfettamente conservate. La terza, parzialmente distrutta, è stata ricostruita durante i restauri. Intorno all'edificio si trova un fossato che si affacciava su quella che oggi è l'attuale Piazza Municipio. Questo fossato, oggi ricoperto di verde, separava il castello dalla cinta muraria occidentale a partire dalla fine del Quattrocento.

Sul lato sud-ovest, è ancora visibile una piccola quarta torre, che ora è inglobata in una delle abitazioni private costruite a ridosso delle mura. Il castello è stato dichiarato Monumento Nazionale il 2 maggio 1979 con un decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel marzo 1988 è stato acquistato dallo Stato, che lo ha preso in consegna nel 1996. Ha subito un lungo restauro tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, periodo durante il quale è stato chiuso al pubblico.

Campanile della Chiesa di Santa Maria Maggiore

La Chiesa di Santa Maria Maggiore è stata fondata nell'XI secolo circa, è stata completamente ricostruita in stile gotico durante la dominazione degli Angioini e rimodellata nell'epoca barocca. La copertura esterna è in pietra, con pianta rettangolare. L'interno a navata unica, ha un pregevole altare ligneo del 1620.

Il campanile è una robusta torre con cuspide a quattro facce. Incastonata nel lato nord si trova una lapide di difficile interpretazione. Sembra infatti che sia stata aggiunta nel 1620 in ricordo di un altare, presente nella chiesa stessa, dedicato a San Giacomo che custodiva le reliquie del santo. 

Chiesa di San Giorgio Martire

La chiesa di San Giorgio si erge su uno sperone di arenaria, a oltre cento metri di altezza, dominando il dirupo sottostante, noto come la Cavatella. Sebbene non ci siano informazioni certe sulla data di fondazione dell'edificio religioso, un bassorilievo situato nella parte superiore della facciata potrebbe fornire alcuni indizi. Esso rappresenta il santo a cui la chiesa è dedicata, tradizionalmente raffigurato a cavallo. Se il bassorilievo fosse stato scolpito contemporaneamente alla costruzione della chiesa, ciò potrebbe permetterci di datarne la fondazione intorno al X secolo.

Nel corso dei secoli, l'edificio ha subito diversi interventi di modifica. Un'analisi della struttura del paese e della sua natura difensiva asserisce che alla fine del Quattrocento, la chiesa sia stata modificata durante i lavori di ristrutturazione del feudo, con l'intento di trasformarla in una delle principali fortificazioni del paese, seguendo un progetto di Francesco di Giorgio Martini.

Nel 1910, il parroco Don Michele Mirco ottenne il permesso di costruire sopra alcune case private che nel tempo si erano addossate al muro esterno destro della chiesa. Questo permesso portò alla realizzazione della navata destra. Inoltre, il parroco fece aumentare lo spessore del muro sinistro della navata principale, creando delle nicchie ad arco a tutto sesto, simili a quelle presenti nel passaggio della navata destra, per consentire l'ampliamento dell'edificio. Grazie alla costruzione di questo nuovo muro, la chiesa ha resistito al cedimento che ha colpito il muro perimetrale esterno negli anni Sessanta.

La facciata, che nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, presenta oggi un aspetto rettangolare, con un portale, una finestra e un varco circolare decentrato, che è stato successivamente chiuso. In origine, questo varco si trovava lungo l'asse simmetrico della struttura.

la casa di Vincenzo Cuoco

Semplice casa del borgo medievale, costruita in pietra grezza, con piccolo portale incorniciato.

All'esterno campeggia una lastra in marmo con inciso:

    «In questa umile casa nacque il 1° ottobre 1770 Vincenzo Cuoco. Scampato dalle forche del 1799, nell’esilio narrò le lotte fra principato e repubblica, con parola serena ed ammonitrice, calda del sangue dei martiri. Risalendo all’antichissima filosofia italica e divulgando Giambattista Vico, volle restaurato il sapere e le virtù patrie con le tradizioni di nostra gente. Il 13 dicembre 1823 morì in Napoli fra il silenzio degli oppressi. Il suo presagio fu storia delle nazioni risorte. La Provincia con orgoglio di madre il 1905.»

All'interno vi è una sala convegni e alcune camere, predisposte ad accogliere ospiti e turisti.


il murales del borgo con la scritta "Il Molise Esiste"

Questo murales è il simbolo del Molise che “resiste”. Come “urla” da un angolo del paese, è una delle tante opere che nel tempo hanno colorato muri e scorci della località. Civitacampomarano, infatti, è uno di quei borghi dalla grande storia, ma dal futuro apparentemente segnato da spopolamento e desertificazione, come tanti altri nelle aree interne del Sud. Eppure, questo centro medievale, con le sue viuzze, i suoi angoli caratteristici e il meraviglioso Castello Angioino, ha trovato la sua chiave di riscatto e rinascita: l’arte. L’arte di strada, che con il CVTà Street Fest – il festival internazionale diretto da Alice Pasquini e organizzato dall’Associazione Culturale CivitArt – ha trasformato il piccolo paese molisano in un museo a cielo aperto, libero e gratuito, meta di street artist e visitatori provenienti da tutto il mondo."

una delle case decorate con i disegni artistici

un'altra casa decorata con dei disegni artistici

edificio del Municipio e delle poste


sabato 7 giugno 2025

🌍 Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare

logo ufficiale dell'ONU sulla giornata mondiale della sicurezza alimentare

Ogni anno, il 7 giugno, si celebra la Giornata mondiale della sicurezza alimentare, un appuntamento internazionale promosso dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura) e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per sensibilizzare governi, aziende e cittadini sull’importanza di garantire che il cibo che arriva sulle nostre tavole sia sicuro, sano e controllato.

Cos’è la sicurezza alimentare?

Per sicurezza alimentare non si intende solo la disponibilità di cibo, ma anche – e soprattutto – la qualità e l’assenza di rischi per la salute. Un alimento è sicuro quando è privo di contaminazioni biologiche, chimiche o fisiche che possano causare malattie, infezioni o disturbi anche gravi.

Secondo l’OMS, circa 600 milioni di persone nel mondo ogni anno si ammalano a causa di alimenti contaminati, e 420.000 muoiono. Sono numeri impressionanti, che ci ricordano quanto il cibo non debba mai essere dato per scontato.

Perché è importante parlarne oggi?

Viviamo in un mondo globalizzato, dove i prodotti alimentari viaggiano da un continente all’altro nel giro di pochi giorni. Questo offre enormi opportunità, ma comporta anche rischi più complessi da monitorare: pensiamo alla gestione della catena del freddo, alla tracciabilità degli ingredienti, all’uso di pesticidi, antibiotici o additivi non sempre dichiarati.

Anche il cambiamento climatico e le guerre (come quelle in Ucraina e Medio Oriente) influenzano la sicurezza alimentare, alterando la disponibilità e la qualità delle materie prime, o creando emergenze umanitarie in cui il cibo scarseggia o è distribuito senza controlli adeguati.

Cosa possiamo fare nel nostro piccolo?

Anche noi, come consumatori, abbiamo un ruolo fondamentale. Ecco alcune buone pratiche quotidiane:

  • Leggere le etichette e scegliere prodotti tracciabili e certificati;

  • Conservare correttamente gli alimenti (soprattutto quelli deperibili);

  • Lavare bene frutta e verdura, anche se sembrano pulite;

  • Prestare attenzione alle date di scadenza e al modo in cui gli alimenti vengono trasportati o esposti nei negozi;

  • Ridurre gli sprechi alimentari, che non solo hanno un impatto etico ed economico, ma spesso portano a contaminazioni o rischi per la salute.

La sicurezza alimentare è un diritto, non un lusso

Garantire alimenti sicuri e accessibili per tutti è una delle sfide più importanti del nostro tempo. Non riguarda solo i paesi in via di sviluppo, ma anche le economie avanzate, dove spesso si abbassa la guardia dando per scontata la qualità del cibo. La sicurezza alimentare è strettamente connessa al diritto alla salute, alla dignità umana e alla sostenibilità ambientale.

In questa giornata, riflettiamo su quanto sia importante ciò che mangiamo, da dove viene, e come viene trattato lungo tutta la filiera. Perché mangiare bene non significa solo mangiare sano… ma anche mangiare sicuro.


📅 7 giugno 1924: in questo giorno nacque lo scrittore molisano Vincezo Rossi

 

 
Vincenzo Rossi nasce nel 1924 a Cerro al Volturno, in una famiglia di agricoltori. I suoi primi anni scorrono immersi nella vita rurale: accudisce il gregge e lavora nei campi insieme alla sua famiglia, in un mondo semplice ma profondamente legato alla terra.

Nel 1943, con lo sbarco degli alleati in Sicilia, viene arruolato. Durante il servizio militare si trova a Napoli, proprio nei giorni in cui la città si solleva contro l’occupazione tedesca. Quegli eventi lasciano un segno indelebile in lui e diventeranno il cuore del suo libro "Conto alla rovescia", un’opera autobiografica intensa e appassionata.

La guerra, nonostante le sue ombre, apre però a Rossi nuove prospettive: abituato alla chiusura di un contesto rurale isolato, l’esperienza militare gli spalanca le porte di un mondo sconosciuto e stimolante. È qui che nasce il desiderio di sapere, di istruirsi, di andare oltre i confini del proprio villaggio.

Finita la guerra, si impegna da autodidatta e consegue il diploma magistrale. Successivamente entra nel mondo della scuola e, con determinazione, ottiene la laurea in Lettere all’Università di Salerno, che gli permetterà poi di diventare preside.

Lontano ormai dal ragazzo che pascolava le pecore, Rossi si trasforma in un intellettuale raffinato, sempre più appassionato alla lettura e alla scrittura. Nel 1961 pubblica la sua prima raccolta di poesie, "In Cantiere", cui seguiranno molte altre opere poetiche.

Dopo "Conto alla rovescia", nel 1975 dà alle stampe "La memoria del vecchio", una raccolta di racconti che segna l’inizio di una produzione letteraria intensa e continuativa. I suoi testi sono profondamente ispirati alla civiltà contadina, narrando con sensibilità episodi di vita quotidiana, legami familiari e atmosfere di un tempo passato, descritte con nostalgia, emozione e rispetto.

Rossi spazia tra poesia, narrativa, saggi e anche traduzioni, partecipando attivamente alla vita culturale italiana e internazionale. Collabora con riviste e periodici, e nel 1989 assume la direzione della rivista “Il Ponte italo-americano”. In quel periodo pubblica anche il romanzo "Fonterossa" (1987) e i racconti de "Il Cimerone" (1990).

Come critico letterario, è particolarmente noto per il volume dedicato all’artista Michele Frenna – Mosaicista, pubblicato a New York nel 1997.

Tuttavia, l’opera che meglio rappresenta la profondità e l’ampiezza della sua produzione è "I giorni dell’anima" (1995), una raccolta poetica che riunisce i testi scritti tra il 1960 e il 1995. Edita da Il Ponte italo-americano di New York, l’antologia – quasi 500 pagine suddivise in cinque sezioni – viene definita dal critico Giuseppe Nasillo come un esempio di profonda connessione tra l'autore, la sua terra, i ricordi e gli affetti più intimi:

    «A scorrere le pagine di questo nutrito volume […] ci si rende conto di quanto simbioticamente e visceralmente sia radicata la personalità di Rossi alla sua terra, alla sua gente, alle memorie e agli affetti più cari».
 

⚽ Questa nazionale è un disastro totale

Dopo la sconfitta per 3-0 contro la Norvegia l'incubo di un'ennesima mancata qualificazione ai mondiali è dietro l'angolo

immagine della disperazione dei giocatori della nazionale di Calcio italiana durante la partita per la qualificazione ai mondiali (persa 3-0) con la Norvegia
disperazione della Nazionale durante la partita con la Norvegia | https://sport.quotidiano.net/calcio

 

In Italia, quando si parla di nazionale, si intende quasi esclusivamente la nazionale di calcio, e raramente si fa riferimento ad altre rappresentative sportive.
Sono pochi i momenti in cui questo termine viene usato per indicare altre squadre azzurre.

Forse, negli ultimi anni, questa consuetudine – quasi un assioma culturale – sta cominciando a venire meno.
Le ragioni sono diverse, ma una delle principali è che il calcio italiano fatica sempre più a imporsi con la propria nazionale.

Nella storia gloriosa (perché tale è) della nazionale italiana, prima del 2018 soltanto una volta l’Italia non si qualificò ai Mondiali: nella Coppa Rimet del 1958, disputata in Svezia.
La mancata partecipazione del 1930, invece, non fa quasi testo, trattandosi della prima edizione in assoluto del torneo, alla quale molte nazioni europee non presero parte.

Poi sono arrivati i fallimenti del 2018 e del 2022, due mancate qualificazioni consecutive ai Mondiali, che hanno fatto precipitare la nazionale italiana in una delle crisi più profonde della sua storia.
Nel 2018 con Ventura, nel 2022 con Mancini – che però, l’anno precedente, aveva conquistato l’Europeo.
Un trionfo che oggi appare più come una parentesi fortunata che come un capitolo consolidato nella storia del calcio azzurro.

Dopo la pesante sconfitta per 3-0, la qualificazione al prossimo Mondiale è seriamente in bilico.
L’Italia, infatti, dovrebbe concludere al primo posto nel girone per qualificarsi direttamente – un’impresa difficile al momento,
considerando che la Norvegia è in testa con 3 vittorie su 3.

 

i numeri nel dettaglio del girone di qualificazione ai mondiali 2026 dell'Italia
 

Ovviamente mancano ancora molte partite, visto che in ogni girone si giocano sia l’andata che il ritorno.
Ma la pesante umiliazione subita, senza nemmeno vedere un tiro in porta per 90 minuti, non fa presagire nulla di buono.

Già, perché l’unico tiro in porta è arrivato al 92’, con Lucca.
Numeri che farebbero rabbrividire qualsiasi allenatore.
Non è un caso che si parli già dei possibili sostituti di Spalletti.
I nomi più gettonati sono Mancini, Pioli e Ranieri... scelte che hanno una certa logica e credibilità:
Mancini ha regalato all’Italia l’ultimo trofeo (ed è attualmente svincolato),
Ranieri ha condotto la Roma a un finale di stagione straordinario,
mentre su Pioli ci sono voci contrastanti:
alcuni sostengono che sia ancora saldamente sulla panchina della squadra araba che sta allenando.

Altri dicono che si aspetterà la partita con la Moldavia per decidere il da farsi.
Io, invece, penso che non ci sia più niente da aspettare:
questa nazionale è priva di veri campioni e serve un allenatore capace
di saper incastrare al meglio i "pezzi" a disposizione.

Ricordo che già la conferma di Spalletti dopo l’umiliazione agli Europei 2024
fu una sorpresa per il 90% degli italiani.
E viene da chiedersi: quanto tempo dovremo aspettare ancora prima di vedere un cambio di panchina?

Ovviamente, non mancano nemmeno le polemiche contro la dirigenza FIGC,
in particolare contro Gravina, considerato il principale responsabile
della conferma di Spalletti sia dopo Euro 2024 che in queste ore.

Intanto, sto guardando il Roland Garros…
e menomale che c’è Sinner,
perché altrimenti questa Italia sarebbe un disastro in più di uno sport.

 

logo dei prossimi mondiali di calcio

La Coppa del mondo FIFA 2026 (in inglese FIFA World Cup 2026, in spagnolo Copa mundial de la FIFA 2026, in francese Coupe du monde de football 2026) sarà la ventitreesima edizione del campionato mondiale di calcio (la quattordicesima sotto la denominazione di "Coppa del mondo FIFA"). Si svolgerà in tre nazioni: Canada, Messico e Stati Uniti d'America.

La Coppa del mondo FIFA 2026 vedrà per la prima volta l'espansione del numero di partecipanti da 32 a 48. Sarà divisa in una fase a gironi, con dodici gruppi da quattro squadre ciascuno, e in una fase ad eliminazione diretta, con le prime e le seconde classificate di ogni gruppo più le migliori otto terze che si incontreranno nei sedicesimi di finale, per un totale di 104 partite. Il campionato mondiale inizierà ufficialmente l'11 giugno con la partita inaugurale che verrà giocata allo Stadio Azteca di Città del Messico, e si concluderà con la finale che verrà disputata il 19 luglio al MetLife Stadium di New York.

Sarà la seconda volta, dopo l'edizione del 2002 svoltasi in Corea del Sud e Giappone, che il torneo verrà ospitato da più di un Paese. Contando le edizioni del 1970 e del 1986, il Messico diventerà il primo Paese a ospitare il campionato mondiale per la terza volta. Per gli Stati Uniti sarà la seconda volta (dopo il 1994), mentre per il Canada la prima. 

🎵 진 (Jin) - 'Don't Say You Love Me'

Ecco una hit del momento... probabilmente a molti non piacerà Jin, il cantante coreano oppure non lo avrà neanceh sentito nominare ma ormai in tutto il mondo questo cantante è gia conosciutissimo. 

Don't Say You Love Me" è una canzone del cantante sudcoreano Jin, pubblicata il 16 maggio 2025 come singolo principale del secondo EP Echo (2025). È stata scritta e prodotta da Tiggs e Wyatt Sanders.

Jin ha scelto la canzone come singolo principale perché la riteneva "piacevole da ascoltare" e "la più facile da ascoltare" tra i brani di Echo.Testo e composizione

La canzone parla di una coppia che lotta per lasciarsi nonostante la loro relazione in crisi, con testi che descrivono i loro conflitti interiori, la tristezza e l'ambivalenza. Nella prima strofa, Jin parla della difficoltà che ha nell'andare avanti. Chiede alla sua ex di aiutarlo a lasciarsi andare durante il ritornello: "Non dirmi che ti mancherò / Dimmi solo che vuoi uccidermi".

 

LYRIC

I really thought I made up my mind
Hopped in the car and put it in drive
I tried to leave, like, a hundred times
But something's stoppin' me every time
Oh-ooh-ooh

Fakin' a smile while we're breakin' apart
Oh, I never, never, never meant to take it this far
Too late to save me, so don't even start
Oh, you never meant to hurt me, but you're makin' it hard

Don't tell me that you're gonna miss me
Just tell me that you wanna kill me
Don't say that you love me 'cause it hurts the most
You just gotta let me go

I really thought this was for the best
It never worked last time that I checked
I got this pain stuck inside my chest
And it gets worse the further I get
Oh-oh-ooh

Fakin' a smile while we're breakin' apart
Oh, I never, never, never meant to take it this far
Too late to save me, so don't even start
Oh, you never meant to hurt me, but you're makin' it hard

Don't tell me that you're gonna miss me (tell me that you miss me)
Just tell me that you wanna kill me (kill me)
Don't say that you love me 'cause it hurts the most (the most)
You just gotta let me go
Lie to me, tell me that you hate me (tell me that you hate me)
Look me in the eyes and call me crazy (crazy)
Don't say that you love me 'cause it hurts the most (the most)
You just gotta let me go

Let me go
Gotta let me go
Gotta let me
Don't say that you love me 'cause it hurts the most
You just gotta let me go