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mercoledì 11 giugno 2025

📷 Foto di Palata [CB] (Giugno 2025)

vista del paese 

Palata è un comune italiano con 1.459 abitanti, situato nella provincia di Campobasso, in Molise. Nel passato, la cittadina ha ospitato una comunità di croati, che si è stabilita qui nel XVI secolo. La loro cultura è stata progressivamente assimilata dalla popolazione locale.

Il torrente Sinarca, che nasce dal Monte (541 m s.l.m.) vicino a Palata, sfocia nel mare Adriatico, nei pressi della storica torretta omonima nel comune di Termoli.

Il centro abitato di Palata fu fondato nel XII secolo, quando era una contrada di Acquaviva Collecroce, chiamata "Paludella". In quel periodo, faceva parte del Contado di Molise, con Bojano come centro amministrativo, e fu sotto il dominio di vari signori, tra cui gli Orsini e i Toraldo.

Fino al XVII secolo, Palata ospitò anche una frazione di origini normanne chiamata Santa Giusta, che però venne abbandonata a causa delle incursioni ottomane. Dopo essere stata danneggiata da numerosi terremoti, tra cui quello devastante del Sannio nel 1456 (conosciuto come "Gradina") e quello del 1663, il comune fu colonizzato da popolazioni slave in fuga dall'Impero ottomano. Questo fenomeno si verificò in diversi comuni lungo la costa molisana, nei dintorni di Termoli.

Nel 1531, le popolazioni slave ricostruirono il borgo quasi completamente distrutto, e il simbolo di questa rinascita è oggi rappresentato dalla chiesa di Santa Maria La Nova. Dal 1806, Palata è parte del Distretto di Campobasso, che nel 1949 divenne provincia.

monumento ai caduti


piccolo giardino pubblico dove c'è il monumento ai caduti


una delle vie principali del centro: Via Kennedy


largo San Rocco con fontana e Chiesa di San Rocco


facciata frontale della Chiesa di San Rocco

vista del largo e della Chiesa di San Rocco

una casa decorata con alcuni disegni sulla facciata

un vicolo del centro del paese

piazzale in via San Rocco

piazzale con un caratteristico tabacchi

Chiesa di Santa Maria la Nova

La Chiesa di Santa Maria La Nova risale al 1531, come attestato da un'iscrizione incisa su una pietra collocata sull'arco maggiore del portale. Nel corso del primo Novecento l’edificio è stato oggetto di un importante intervento di restauro, che ha donato alla facciata uno stile moresco. Il rifacimento fu voluto da don Emilio Vetta nel 1928, mentre l’interno assunse la pianta tipica di una basilica a croce latina.

La chiesa si sviluppa su tre navate, scandite da otto arcate, di cui le prime due risultano oggi murate. L’ingresso principale è caratterizzato da un imponente portale decorato con una piccola edicola a spioventi. A dominare il complesso è il campanile, una torre sormontata da una cuspide ottagonale.

All’interno si conservano diversi altari dedicati a varie figure sacre: l’Addolorata, San Giuseppe, San Nicola, il Sacro Cuore e Sant’Antonio di Padova. Tra tutti spicca l’altare maggiore, pregevole opera settecentesca in stucco che imita il marmo, realizzata dal maestro Gregorio da Palata nel 1725.

Il coro, infine, è composto da undici stalli; quello centrale è scolpito nella pietra e reca lo stemma vescovile con tre pere "moscarelle", simbolo voluto da Monsignor Giannandrea Moscarelli.

 

panchina gigante e vista del paesaggio

A Palata  è stata installata una panchina di grandi dimensioni, costruita in legno da un artigiano locale, da cui si può ammirare il panorama e rilassarsi.

Prima della sua costruzione a darne notizia è stato il Comune stesso che sulla sua pagina facebook ha spiegato il senso dell’iniziativa: “Le Panchine Giganti sono spesso conosciute per immagini, ma una volta che ci si siede su una di esse e si prova la sensazione di godersi la vista come se ‘si fosse di nuovo bambini’, si vive un’esperienza intensa, da condividere con gli altri. Le panchine sono fatte per rilassarsi, a differenza di una sedia o di una poltrona sono larghe abbastanza da accogliere uno o più amici.

L’idea delle panchine fuori scala non è nuova, ma in questo caso cambia il contesto. È stata realizzata da un artigiano del nostro comune, e posizionata in una zona del paese con ottima visuale e dove chi si siede può osservare dal mare alla montagna e godere con meraviglia del panorama, esattamente come un bambino che vede qualcosa di bello per la prima volta”. 

panchina con riquadro per la vista del paesaggio

un disegno sul muro di una casa

rotonda che collega il paese con la SS 157

una particolare fermata del bus

il municipio del paese

 

lunedì 9 giugno 2025

📷 Foto di Civita Campomarano [CB] (Giugno 2025)

Sebbene Civitacampomarano sia un paese piccolo e in via di spopolamento negli ultimi decenni, oltre che semi-isolato e situato in una zona piena di colline argillose e franose, è noto a quasi tutti gli abitanti molisani, soprattutto perché è il luogo di nascita del soldato e patriota Gabriele Pepe e del politico, patriota e scrittore Vincenzo Cuoco.


Civitacampomarano è un comune italiano di 1.500 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise, situato a circa 25 chilometri a nord di Campobasso. Civitacampomarano è una piccola città medievale situata in Molise, nell'Italia meridionale. Sorge a un'altitudine di 520 metri sul livello del mare. Ha una popolazione di circa 370 abitanti. La sua storia risale a tempi antichissimi, con testimonianze di insediamenti sanniti nella zona. Nel corso dei secoli, la città passò sotto il dominio di diverse civiltà, tra cui Romani, Longobardi e Normanni. Durante il Medioevo, Civitacampomarano divenne un'importante città fortificata, strategicamente posizionata su un colle per difendersi da potenziali invasioni. L'architettura storica e le strade acciottolate della città riflettono ancora oggi il suo patrimonio medievale.

vita del paese e della campagna di Civita Campomarano

In un territorio di 520 ettari nel comune di Civitacampomarano è possibile osservare i calanchi, delle formazioni erosive modellate dall'azione delle acque piovane sui terreni argillosi del luogo e scarsamente ricoperti dalla vegetazione.

Il sito è stato classificato tra le aree protette e dichiarato Sito di Interesse Comunitario e presenta vari punti di osservazione dislocati in tutta l'area. 

 

vista del paese di Civita Campomarano

ingresso del paese con il benvenuto e la segnaletica 

segnaletica prima del borgo di Civita Campomarano

un info point posto sulla strada di Civita Campomarano

una particolare cabina di Civita Campomarano

Nel dicembre 2023, la TIM ha comunicato al Comune di Civitacampomarano che, come parte del piano nazionale di dismissione delle cabine telefoniche, anche quella situata nel nostro paese sarebbe stata rimossa. Ma il sindaco Paolo Manuele ha scritto in un post su Facebook che la cabina rimarrà dov'è perchè ormai è simbolo indiscusso dell’evento più rilevante per la comunità, il CVTà Street Fest.


“Grazie a una discussione diretta con il responsabile dell’azienda telefonica, l'Amministrazione comunale ha presentato una richiesta formale per mantenere la cabina, non tanto per il suo uso pratico, quanto per il suo valore artistico e turistico che ha acquisito dal 2016”, ha dichiarato il sindaco. Infatti, nella prima edizione del festival, la cabina telefonica è stata trasformata dall’artista Biancoshock in un'opera d’arte. "Oggi è conosciuta come la cabina di WhatsApp ed è una delle creazioni più emblematiche del festival"

un vicolo del paese con dei lego decorativi

Una particolarissima casa in cui lo spigolo di un angolo ha l'intonaco deteriorato ed è stato riempito con dei mattoncini Lego. Questa è una delle tante opere d'arte del progetto nonchè manifestazione CVTà Street Fest

facciata frontale del castello di Civita Campomarano

facciata retro del castello di Civita Campomarano

Il Castello rappresenta il monumento più emblematico di questa cittadina. Si trova nel cuore del paese, su un crinale di arenaria, tra i torrenti Mordale, che attraversa la Cavatella, e il Vallone Grande, uno degli affluenti del fiume Biferno. Secondo gli esperti, la sua costruzione risalirebbe al XIII secolo e rifletterebbe le caratteristiche tipiche dell'architettura medievale sotto la dominazione angioina.

La pianta del castello è di forma quadrangolare e presenta tre torri cilindriche ai vertici, due delle quali sono perfettamente conservate. La terza, parzialmente distrutta, è stata ricostruita durante i restauri. Intorno all'edificio si trova un fossato che si affacciava su quella che oggi è l'attuale Piazza Municipio. Questo fossato, oggi ricoperto di verde, separava il castello dalla cinta muraria occidentale a partire dalla fine del Quattrocento.

Sul lato sud-ovest, è ancora visibile una piccola quarta torre, che ora è inglobata in una delle abitazioni private costruite a ridosso delle mura. Il castello è stato dichiarato Monumento Nazionale il 2 maggio 1979 con un decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel marzo 1988 è stato acquistato dallo Stato, che lo ha preso in consegna nel 1996. Ha subito un lungo restauro tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, periodo durante il quale è stato chiuso al pubblico.

Campanile della Chiesa di Santa Maria Maggiore

La Chiesa di Santa Maria Maggiore è stata fondata nell'XI secolo circa, è stata completamente ricostruita in stile gotico durante la dominazione degli Angioini e rimodellata nell'epoca barocca. La copertura esterna è in pietra, con pianta rettangolare. L'interno a navata unica, ha un pregevole altare ligneo del 1620.

Il campanile è una robusta torre con cuspide a quattro facce. Incastonata nel lato nord si trova una lapide di difficile interpretazione. Sembra infatti che sia stata aggiunta nel 1620 in ricordo di un altare, presente nella chiesa stessa, dedicato a San Giacomo che custodiva le reliquie del santo. 

Chiesa di San Giorgio Martire

La chiesa di San Giorgio si erge su uno sperone di arenaria, a oltre cento metri di altezza, dominando il dirupo sottostante, noto come la Cavatella. Sebbene non ci siano informazioni certe sulla data di fondazione dell'edificio religioso, un bassorilievo situato nella parte superiore della facciata potrebbe fornire alcuni indizi. Esso rappresenta il santo a cui la chiesa è dedicata, tradizionalmente raffigurato a cavallo. Se il bassorilievo fosse stato scolpito contemporaneamente alla costruzione della chiesa, ciò potrebbe permetterci di datarne la fondazione intorno al X secolo.

Nel corso dei secoli, l'edificio ha subito diversi interventi di modifica. Un'analisi della struttura del paese e della sua natura difensiva asserisce che alla fine del Quattrocento, la chiesa sia stata modificata durante i lavori di ristrutturazione del feudo, con l'intento di trasformarla in una delle principali fortificazioni del paese, seguendo un progetto di Francesco di Giorgio Martini.

Nel 1910, il parroco Don Michele Mirco ottenne il permesso di costruire sopra alcune case private che nel tempo si erano addossate al muro esterno destro della chiesa. Questo permesso portò alla realizzazione della navata destra. Inoltre, il parroco fece aumentare lo spessore del muro sinistro della navata principale, creando delle nicchie ad arco a tutto sesto, simili a quelle presenti nel passaggio della navata destra, per consentire l'ampliamento dell'edificio. Grazie alla costruzione di questo nuovo muro, la chiesa ha resistito al cedimento che ha colpito il muro perimetrale esterno negli anni Sessanta.

La facciata, che nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, presenta oggi un aspetto rettangolare, con un portale, una finestra e un varco circolare decentrato, che è stato successivamente chiuso. In origine, questo varco si trovava lungo l'asse simmetrico della struttura.

la casa di Vincenzo Cuoco

Semplice casa del borgo medievale, costruita in pietra grezza, con piccolo portale incorniciato.

All'esterno campeggia una lastra in marmo con inciso:

    «In questa umile casa nacque il 1° ottobre 1770 Vincenzo Cuoco. Scampato dalle forche del 1799, nell’esilio narrò le lotte fra principato e repubblica, con parola serena ed ammonitrice, calda del sangue dei martiri. Risalendo all’antichissima filosofia italica e divulgando Giambattista Vico, volle restaurato il sapere e le virtù patrie con le tradizioni di nostra gente. Il 13 dicembre 1823 morì in Napoli fra il silenzio degli oppressi. Il suo presagio fu storia delle nazioni risorte. La Provincia con orgoglio di madre il 1905.»

All'interno vi è una sala convegni e alcune camere, predisposte ad accogliere ospiti e turisti.


il murales del borgo con la scritta "Il Molise Esiste"

Questo murales è il simbolo del Molise che “resiste”. Come “urla” da un angolo del paese, è una delle tante opere che nel tempo hanno colorato muri e scorci della località. Civitacampomarano, infatti, è uno di quei borghi dalla grande storia, ma dal futuro apparentemente segnato da spopolamento e desertificazione, come tanti altri nelle aree interne del Sud. Eppure, questo centro medievale, con le sue viuzze, i suoi angoli caratteristici e il meraviglioso Castello Angioino, ha trovato la sua chiave di riscatto e rinascita: l’arte. L’arte di strada, che con il CVTà Street Fest – il festival internazionale diretto da Alice Pasquini e organizzato dall’Associazione Culturale CivitArt – ha trasformato il piccolo paese molisano in un museo a cielo aperto, libero e gratuito, meta di street artist e visitatori provenienti da tutto il mondo."

una delle case decorate con i disegni artistici

un'altra casa decorata con dei disegni artistici

edificio del Municipio e delle poste


venerdì 6 giugno 2025

📷 Foto di Guardialfiera [CB] (giugno 2025)

Molti non avranno visto il paese di Gurdialfiera ma lo avranno sicuramente intravisto se hanno percorso la strada statale che parte da Termoli e arriva a Campobasso, la cosidetta bifernina. A metà di questa strada (che prende il nome dal fiume che vi passa) sorge il paese di Guardialfiera, inconfondibile perchè domina il lago, e sul quale è presente il lunghissimo e inconfodible ponte.

vista del lago sulla strada per il paese

Il lago di Guardialfiera, noto anche come lago del Liscione, è un bacino artificiale creato tra gli anni Sessanta e Settanta mediante la costruzione di una diga sul fiume Biferno, in Molise. La sua realizzazione ha avuto lo scopo di garantire l'approvvigionamento di acqua potabile per i comuni circostanti, utilizzabile sia per scopi domestici che agricoli e industriali.

La diga che ha creato il lago è di tipo a gravità, con una struttura costituita da un terrapieno che presenta un rivestimento impermeabile interno formato da uno spesso strato di calcestruzzo. La superficie massima dello specchio d’acqua raggiunge i 7,45 km², mentre il bacino idrografico che lo alimenta si estende su un'area di circa 1043 km². La profondità media del lago varia tra 2 e 3 metri, ma in alcuni punti si registrano profondità superiori ai 20 metri. Il fondo del lago è principalmente sabbioso e ciottoloso.

La forma del lago è allungata, orientata da sud-ovest a nord-est, e la sua sponda è in gran parte affiancata dalla strada statale 647 di Fondo Valle del Biferno, che lo sovrasta attraverso un complesso di viadotti.

Nel processo di realizzazione del lago e della diga, fu sommerso un antico ponte, che si ritiene di origine romana. Questo ponte è noto come il Ponte di S. Antonio o Ponte di Annibale. Durante i periodi di secca estiva, quando il livello delle acque si abbassa, il ponte riemerge e diventa visibile. È stato visibile per l'ultima volta dal 1 settembre al 30 novembre 2017 e, a partire dal maggio 2021, è nuovamente emerso dalle acque, visibile durante le stagioni di bassa portata.

vista del centro del paese

il paese visto dalla strada che parte dal lago


scorcio del paese da Corso Umberto I

Guardialfiera è un piccolo comune italiano con circa 964 abitanti, situato nella provincia di Campobasso, nella regione Molise. Questo borgo confina con i comuni di Acquaviva Collecroce, Casacalenda, Castelmauro, Civitacampomarano, Larino, Lupara e Palata. Un tempo, Guardialfiera fu sede vescovile. Al suo interno si trova anche l'omonimo lago artificiale.

La storia di Guardialfiera risale almeno all'XI secolo, come testimoniano alcuni documenti storici. Tra i resti più significativi, si parla di una torre romana che fu visibile sulla parte occidentale del paese fino al X secolo. Le origini del nome sono ancora oggetto di discussione, ma è probabile che derivi da "Guardie di Alfiero" o "Guardie di Adalferio", riferendosi al nome del sovrano lombardo di Larino, che nel 1049 conquistò la città.

Nel 1053, il
Papa Leone IX potrebbe aver utilizzato Guardialfiera come punto di partenza per un'azione contro i Normanni, che avevano preso il controllo della vicina città di Larino nel 1050. Il ruolo di Guardialfiera nella storia religiosa e politica si consolidò nel 1061, quando papa Alessandro II fondò la sede vescovile. Questo gesto potrebbe essere stato in riconoscimento dell'importanza del paese durante gli eventi del 1053.

Nel 1130, la città fu conquistata dal re normanno Ruggero II di Sicilia. A seguire, il governo del comune passò prima alla famiglia Soliaco fino al 1350, poi alla famiglia Marzano. Nel 1550, il paese passò alla famiglia Di Capua, poi ai De Blasiis e, infine, nel 1636, ai Ferri, feudatari di Lupara.

Nel corso della seconda metà del XVII secolo, il feudo di Guardialfiera venne venduto dai Ferri al giurista Serafino Biscardi (1643-1711). Nel 1688, il paese fu ricostruito dopo essere stato danneggiato da un forte terremoto. I Biscardi mantennero il feudo fino alla metà del XVIII secolo, quando l'ultima discendente della famiglia, Laura Biscardi, lo cedette al figlio Alessandro Marcello Pignone del Carretto, nato dal suo matrimonio con Carlo, IV principe di Alessandria e duca di Pontelandolfo.

Nel 1793, Costantino Lemaître (1758-1828), un intellettuale e giacobino, acquistò il feudo e il relativo titolo di marchese da Alessandro Marcello Pignone del Carretto. Lemaître fu anche uno degli animatori dei salotti culturali di Olimpia Frangipane, allievo di Nicola Fergola e maestro di
Vincenzo Cuoco. Fu l'ultimo feudatario di Guardialfiera, prima che la feudalità fosse abolita nel 1806.


il centro del paese con il campanile della cattedrale

Antica Cattedrale di Santa Maria Assunta

La primitiva chiesa di Santa Maria Assunta, sorta in epoca medievale dove probabilmente vi era in antichità un tempio pagano, fu elevata al rango di cattedrale della diocesi di Guardialfiera nell'anno 1061.

L'evento sismico che nel 1456 devastò ampi territori del Regno di Napoli distrusse totalmente il luogo di culto, che dovette così essere ricostruito negli anni successivi; la nuova cattedrale fu dotata di una Porta Santa.

Già nel 1477 vennero eseguiti alcuni interventi di restauro che interessarono la porzione orientale della chiesa, mentre nel 1553 si procedette alla decorazione del battistero e del soffitto; ulteriori interventi furono realizzati nel 1668.

La chiesa perse il titolo di cattedrale nel 1818 con la soppressione della diocesi di Guardialfiera e la sua annessione in quella di Termoli, decretata da papa Pio VII con la sua bolla De utiliori.

Nel 1858 l'edificio venne interessato da un rifacimento che ne modificò profondamente la struttura, che da un impianto a tre navate fu trasformato in uno a navata unica; tra la fine di quel secolo e l'inizio del successivo fu eretto su progetto dell'ingegnere Vittorio Romanelli il nuovo campanile in sostituzione di quello antico, demolito nel 1845 in quanto pericolante.

Negli anni novanta del Novecento fu condotto l'adeguamento liturgico secondo le usanze postconciliari mediante l'aggiunta dell'altare rivolto verso l'assemblea


campanile della Cattedrale

visuale dall'alto della cattedrale

panorama dal belvedere della cattedrale

un info point della porta del borgo

Nel corso dei secoli, Guardialfiera ha subito notevoli trasformazioni legate al processo evolutivo dei vari periodi storici. Inizialmente era costituita da un’unica fortezza a guardia della valle dei Biferno. Successivamente intorno al castello vennero costruite la Chiesa e le prime case (ancora oggi la zona viena chiamata “Piedicastello”) circondate da mura di difesa. Nella cinta muraria vi erano tre porte che costituivano gli unici accessi al centro abitato. Gli ultimi resti delle mura e la porta principale che erano situate nell’attuale Piazza Aldo Moro, vennero distrutti all’inizio del 1900.
Nei primi dell’800 invece, Guardialfiera si è estesa e sviluppata anche oltre la cinta muraria seguendo la conformazione naturale del luogo.

il vicolo dopo la porta del borgo

il palazzo del comune di Guardialfiera

Chiesa di San Giuseppe

A Guardialfiera è presente una piccola chiesa che prende il nome del Santo. La Chiesa di San Giuseppe è molto antica, motivo per cui si conosce ben poco. Si sa soltanto che è stata riedificata nel 1880 e negli ultimi 30 anni sono stati fatti degli interventi recenti che l’hanno riportata al suo antico splendore. Sulla destra presenta una pietra con una scritta, datata 1658, che ci fa intendere quanto antica possa essere.


alcune case del paese

una panchina dedicata a Francesco Jovine

Guardialfiera è anche noto per aver dato i natali a Francesco Jovine, uno dei letterati di spicco del Molise. In particolare l'opera mostrtata nella foto è una panchina sita in Corso Umberto I dove sono incisi alcuni versi dedicati a Guardialfiera. I versi sono dedicati al paesaggio di Guardialfiera ma ovviamente il paesaggio circostante era diverso da quello di oggi. Infatti, anche se di pochi anni (due decenni) Jovine scrisse i versi quando ancora non venne costruito l'invaso artificiale che prende il nome proprio dal paese

 «Guardialfiera è allineata sul crinale di una collina 
e guarda annoiata e taciturna il panorama 
che nei giorni chiari si adorna anche 
della vista lontana del mare».

La panchina è stata realizzata nel 2022.
articolo primonumero.it

la farmacia in Corso Umbero I

uno scorcio del lago

un locale chiuso durante ora di pranzo

un dei pochi bar aperti nell'ora di pranzo a Giugno


Lo stemma è troncato: nel primo d'azzurro, alla lettera maiuscola G d'oro, iniziale del toponimo; nel secondo è delineata una catena di monti. Lo scudo è timbrato dalla corona turrita da Comune, e come cimiero un alfiere con elmo e zagaglia, posto a guardia della comunità. Il gonfalone è un drappo di verde.