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lunedì 12 maggio 2025

un racconto.. su Provvidenti (CB) sulla leggenda di Annibale...

racconto creato sulla leggenda seccondo la quale Annibale Barca nel III secolo a.C. distrussse il granaio su cui sorgeva il paese di Provvidenti nella battaglia contro Scipione l'africano



La Leggenda di Annibale a Provvidentiae

Nel cuore dell’Italia antica, dove le colline si alzavano come guardiani silenziosi e i fiumi serpeggiavano come serpenti tra le terre, c’era un piccolo villaggio nascosto nel verde dell’entroterra, chiamato Provvidentiae. La sua fama era legata alla sua terra fertile, dove il grano cresceva rigoglioso, raccolto con mano esperta dai contadini, e il vento sussurrava alle messi come una benedizione. Si diceva che il nome del paese derivasse dalla "provvidenza" degli Dei che, ogni anno, donavano abbondanza e prosperità a chi lavorava la terra.

Ma quella terra, che da sempre era un rifugio di pace e lavoro, si sarebbe trovata al centro di una delle più grandi tragedie della storia, che il popolo ancora ricorda nelle leggende.



La Strada di Annibale

Era l’anno 216 a.C. e l'eco delle guerre puniche rimbalzava tra le mura di tutte le città italiche. Annibale Barca, il grande condottiero cartaginese, aveva appena inflitto ai romani la terribile sconfitta di Cannae. Dopo quella battaglia, l’Italia sembrava ormai spaccata in due, con il sud che si rivoltava sotto il giogo di Cartagine. Annibale, consapevole della sua forza ma anche delle insidie che il territorio romano nascondeva, sapeva che avrebbe dovuto consolidare il suo potere. Così, a metà della campagna, egli decise di fermarsi a Provvidentiae, un angolo di terra che, sebbene piccolo, offriva uno strategico punto di osservazione.

Le voci narrano che fu proprio qui, tra le colline verdi e le distese di grano, che Annibale scelse di costruire un castrum, un accampamento militare che si ergeva fiero sul Colle Crocione, a breve distanza dal monte Canne. Da quel colle, il comandante cartaginese avrebbe potuto osservare i movimenti dei romani senza che questi potessero sospettare la sua presenza. Il paesaggio, protetto dalle colline circostanti, sembrava ideale per un piano che doveva restare segreto.



Il Castrum sul Colle Crocione

Nonostante la bellezza del luogo, l’arrivo delle forze cartaginesi portò con sé una tempesta di distruzione. Annibale, deciso a mettere al sicuro il suo esercito e a non lasciare nulla al caso, ordinò la costruzione di un secondo accampamento fortificato, robusto e imponente. Il castrum sorse in pochi giorni, una cittadella di legno e pietra, circondata da mura alte e protette da trincee. Le legioni cartaginesi si accamparono, i cavalli nitrissero al galoppo, e il rumore degli attrezzi da guerra riempì l’aria.

Ma la costruzione del nuovo accampamento ebbe un altro scopo, più oscuro. Annibale, che conosceva ogni angolo del territorio, non voleva che il suo esercito fosse mai minacciato da un possibile contrattacco romano. Così, ordinò di distruggere il vecchio abitato di Gerione, l’antica città italica che un tempo aveva dato vita a Provvidentiae. La città, che era stata la culla della civiltà locale, scomparve sotto le mani distruttrici dei cartaginesi. Le case furono abbattute, i templi sacri vennero rasi al suolo, e le strade, un tempo piene di vita, furono ridotte a cumuli di macerie.

Le leggende raccontano che la distruzione di Gerione non fu solo una mossa strategica, ma anche una risposta alla resistenza che il popolo locale aveva mostrato nei confronti della presenza cartaginese. Annibale, furioso per la resistenza degli italici, decise che il villaggio avrebbe pagato un prezzo alto. Così, mentre il castrum sorgeva sul Colle Crocione, la città originaria di Gerione svaniva nel nulla, inghiottita dalla storia.

by MoliseHorizon

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giovedì 3 aprile 2025

La Storia di Antonio dei Crociati

 

un piccolo racconto inventato sui crociati e i trinitari... di Campobasso

Le Ombre della Pace: La Storia di Antonio dei Crociati

Nel cuore del XVI secolo, Campobasso era una città di contrasti e passioni, dove le mura della città separavano non solo le case, ma anche le anime. Due confraternite religiose, i Crociati e i Trinitari, si sfidavano per il predominio nelle sacre processioni che segnavano il ritmo della vita cittadina: il Corpus Domini e il Venerdì Santo. Le tensioni tra queste due congreghe erano palpabili, e l’odio serpeggiava come un veleno invisibile tra i vicoli di pietra, spesso sfociando in violenti conflitti.

Antonio era un giovane membro dei Crociati, uno dei molti che indossavano la tunica bianca con la croce rossa, simbolo della loro dedizione alla fede e alla città. Cresciuto all'interno delle mura, Antonio aveva visto fin da bambino il potere dei Crociati, la loro influenza su ogni angolo della città, dalle piazze affollate alle cappelle più remote. La sua vita era intrecciata con quella della confraternita, e come tutti, nutriva un ardente desiderio di veder trionfare la sua gente, di prevalere sugli avversari, i Trinitari, che abitavano fuori dalle mura cittadine, nei Terrazzani, un quartiere di campagna che pareva sempre lontano dalla luce della città.

Gli scontri tra le due congreghe non erano rari. Ogni anno, la disputa per il primato nelle due processioni principali, quella del Corpus Domini e quella del Venerdì Santo, portava con sé non solo una battaglia religiosa, ma anche una guerra di orgoglio, di potere. I Crociati, abituati a dominare la città, consideravano la processione del Corpus Domini come una prova di forza, una manifestazione del loro status. Ma i Trinitari, con il loro spirito di rivalsa, non si arrendevano facilmente, e il giorno del Venerdì Santo diventava l’occasione per sfidare la superiorità dei Crociati.

Antonio aveva visto il conflitto crescere ogni anno, e la sua lealtà alla confraternita lo spingeva a lottare con fervore. Ma la guerra tra le due congreghe non si limitava solo a questioni religiose. La rivalità si rifletteva in ogni aspetto della vita quotidiana. Mentre i Crociati godevano di una certa influenza all’interno delle mura cittadine, i Trinitari erano confinati ai margini, fuori dalle mura, dove le condizioni di vita erano più dure. Il freddo invernale era un nemico invisibile ma implacabile per i Terrazzani, che abitavano in case di legno e paglia, lontani dai rifugi protetti delle mura cittadine. Ma per Antonio, cresciuto in una casa più calda e protetta, questo contrasto era qualcosa che non poteva ignorare.

Il giovane Crociato si trovava spesso a camminare tra le vie ghiacciate durante l'inverno, costretto a fare lunghe veglie notturne in attesa della processione. Il gelo penetrava nelle ossa, il vento soffiava impietoso, ma nulla sembrava fermarlo. Ogni passo, ogni battito del cuore, erano spinti dal desiderio di dimostrare la superiorità della sua confraternita. Tuttavia, il freddo e la povertà della vita fuori dalle mura cominciavano a pesargli. Le case dei Terrazzani, consumate dal vento e dalla neve, erano spesso il teatro di scontri violenti, eppure la confraternita dei Trinitari non si arrendeva.

Il conflitto tra le due fazioni raggiunse il culmine nel 1587, durante la Quaresima, un periodo di riflessione e penitenza che sembrava destinato ad essere l'inizio di una svolta per Campobasso. La tensione tra i Crociati e i Trinitari era ormai così intensa che la città sembrava sull’orlo di un conflitto aperto. Fu in quel momento che Padre Geronimo da Sorbo, un frate benedettino conosciuto per la sua saggezza e la sua serenità, si fece avanti, proponendo una soluzione. La sua proposta di pace sembrava impossibile, ma fu lui a scatenare un movimento che avrebbe cambiato il corso degli eventi.

Antonio, che nel cuore nutriva ancora il fuoco della rivalità, si trovò di fronte a una scelta difficile. Padre Geronimo, con la sua voce calma e persuasiva, li invitò a riflettere sulle vere ragioni della loro lotta. “La guerra tra di voi è un inganno del maligno, che semina discordia nei cuori degli uomini. L’unico vero nemico è la separazione dalla misericordia di Dio”, disse durante uno dei suoi sermoni, davanti a una folla silenziosa.

Fu difficile per Antonio abbandonare il rancore che aveva accumulato negli anni, ma l’uomo che si trovava di fronte non era solo un religioso. Padre Geronimo era un uomo che aveva visto troppo dolore e che portava nel cuore la saggezza di chi aveva vissuto le guerre, le lotte e le sofferenze del mondo. Gradualmente, il suo messaggio cominciò a penetrare anche nel cuore di Antonio.

Con il passare delle settimane, la città di Campobasso iniziò a trasformarsi. Le ombre di odio tra i Crociati e i Trinitari si diradarono sotto la luce della misericordia e della comprensione. Antonio, che aveva visto per tanto tempo il nemico negli occhi dei Trinitari, cominciò a comprendere la realtà di chi viveva fuori dalle mura: le difficoltà, la povertà, la lotta quotidiana per la sopravvivenza. Non erano i Trinitari a essere i veri nemici, ma la separazione, l’ignoranza reciproca.

Alla fine della Quaresima, durante una messa solenne celebrata proprio nel cuore della città, le due confraternite si riunirono in un simbolico abbraccio di pace. Le due processioni, una volta contrapposte, si fusero in un unico corteo, segnando la fine di anni di lotte e divisioni.

Antonio, per la prima volta, guardò oltre le mura della città. Non c’erano più nemici da odiare, ma solo fratelli da amare. Il freddo dell’inverno sembrava meno tagliente, e la solitudine delle strade desolate scomparve, sostituita dalla luce calda della fraternità. La pace, seppur fragile, era stata raggiunta, e Antonio sentiva che, finalmente, la sua città era pronta per una nuova stagione di speranza.

In quell'anno, la processione del Corpus Domini e quella del Venerdì Santo non furono solo celebrazioni religiose, ma simboli di una vittoria ben più grande: la vittoria della pace sulla divisione, della comprensione sull’odio. E in quel giorno, Antonio non era più solo un Crociato. Era un uomo che aveva trovato la sua vera battaglia: quella contro l’ignoranza e la separazione, e a favore della fraternità universale.